12 e 13/03/2016 – Transito Concetta Bertoli e ritiro di quaresima

La forza della paziente attesa, come il febbraio attende il marzo e si protende verso la primavera. Tutto pareva morto e tutto rivivrà. Sotto alle foglie secche crescerà l’erba verde, sui rami brulli gonfieranno le gemme e nasceranno foglie e fiori. Ma l’inverno fu pure necessario.
(Adriana Zarri)

Gennaio secco, febbraio piovoso, marzo pazzerello…
Marzo è indeciso tra inverno e primavera, ed anche quel giovedì sembra incerto, tra nuvole di pioggia e raggi di sole. Ci ritroviamo alle 17 del 10 marzo, la cosa più blu in quel pomeriggio è il Ducato, guidato da fra’ Lorenzo, che vediamo entrare nel piazzale della nostra fraternità e che ci porterà a Mereto di Tomba. Autostrada, chiacchiere e bibanesi, quando arriviamo il sole sta tramontando. Marzo pare ancora indeciso tra l’ultimo freddo e il primo tepore, solo quel giovedì si è schiarito le idee e i colori. Cielo azzurro, blu e viola a far da sfondo a quella grande palla di fuoco che si staglia all’orizzonte. Proprio lì, alla fine della strada, scende il sole e s’alza il cartello; Mereto di Tomba. Siamo arrivati, l’aria è fresca. Un caffè prima di entrare nella Parrocchia di San Michele Arcangelo dove verrà ricordato il 60° anniversario del transito della Venerabile Concetta Bertoli, patrona dell’OFS di Gorizia. Entriamo in un locale che sa di Friuli, tra la pietra e l’edera, il legno e il focolare. Sa di casa, quell’osteria Alla Campana, e c’è voglia d’esser famiglia intorno ad un tavolo. Il profumo della cucina non si odora ancora ma, sfogliando il menù, si confonde con quello della carta delle sue pagine. “Arrivederci a più tardi”, e questa volta è la campana che si fa sentire con i suoi 19 rintocchi. Entriamo, prendiamo posto tra i banchi. “Ci sono molti friulani e non friulani che amano Concetta e la invocano ogni giorno, specialmente nei momenti di sofferenza. Ma ho la netta percezione che sia la “grande sconosciuta” per la maggioranza dei friulani e, quello che è peggio, dei preti friulani. Si salva l’arcivescovo di Udine, monsignor Andrea Bruno Mazzocato, che in più occasioni l’ha inserita nelle sue lettere pastorali e la onora con la sua presenza celebrando l’Eucarestia nel giorno dell’anniversario della sua morte, l’11 marzo.” Fra’ Aurelio che, proprio a causa delle sue condizioni di salute, non sapeva se avrebbe potuto guidare l’intenso programma per ricordare il sessantesimo anniversario della morte di Concetta, è amareggiato, quando pronuncia queste parole. Lui che combatte la stessa malattia della venerabile per la quale si batte affinché vengano riconosciuti anche dalla Chiesa i miracoli che i fedeli già attribuiscono alla sua intercessione, non si arrende. Fra’ Aurelio Blasotti, vice postulatore per la causa della beatificazione di Concetta che alle 18 dell’11 marzo 1956 morì dopo una lunga e dolorosa infermità, almeno una battaglia l’ha vinta: anche quest’anno è lui a celebrare la Santa Messa e il Transito della Crocifissa di Mereto. E, insieme a lui, la ricordano e la invocano i francescani giunti da Gorizia e da tutto il Friuli insieme ai fedeli ed ai concittadini. Nata a Mereto di Tomba il 14 aprile 1908, all’età di 16 anni accusa i primi segni di una grave malattia. La gioventù e i suoi sogni si infrangono contro una realtà durissima, fatta di dolore e, ancor prima, di ribellione. Aiutata dai sacerdoti, accoglie come una grazia il suo male. L’11 marzo 1956, Concetta muore dopo 31 anni di malattia, 26 dei quali completamente immobile a letto. “Se ai nostri tempi Dio ci dona una santa ‘crocifissa’ è perché non c’è altra strada di salvezza se non nella croce di Gesù, segno scandaloso, ma insostituibile, della misericordia che salva.”. Con queste parole, fra’ Aurelio spiega la vita, il calvario e la morte di una giovane donna così vicina a noi. L’angoscia lascia posto al sollievo, davanti alla tomba situata proprio all’interno della Chiesa Parrocchiale. Il cuore, prima turbato, si calma e rasserena, uscendo da essa. Alziamo gli occhi, quasi a cercare Colei che, noi francescani, riteniamo già beata e lo sguardo si perde in una meravigliosa volta stellata. L’aria è frizzante, sarà il fuoco scoppiettante del fogolar dell’osteria a scaldarci, mentre ci sediamo attorno ad un tavolo familiarmente apparecchiato. Una rosa rossa in mezzo ad esso per renderlo piacevole agli occhi e crema di fagioli, tortelli fatti in casa, tagliata di carne, frico con polenta per renderlo piacevole al palato. Il blu del Ducato si perde nel blu della notte, mentre riprendiamo la strada verso casa. Si chiacchiera di meno, qualcuno già riposa o, forse, custodisce quelle ore così piene di vita di fraternità e della vita di Concetta.

Era uno di quei giorni di marzo in cui il sole splende caldo ed il vento soffia freddo: quando è estate nella luce e inverno nell’ombra.
(Charles Dickens)

Gennaio ingenera, febbraio intenera, marzo imboccia…
La domenica successiva ha scelto il sole e il vento sembra spazzare via ogni nebuloso dubbio. Dopo le celebrazioni del Transito tenutesi il 10 marzo e la Messa concelebrata con l’arcivescovo l’11 marzo, giorno dell’anniversario della morte di Concetta, la domenica è dedicata alla spiritualità con i francescani secolari del Friuli Venezia Giulia. Si parte, ancora assonnati, alle 7.30. Quelle strade sempre così trafficate e rumorose, sono così vuote e silenziose che quasi si fa fatica riconoscerle. Lo spirito si prepara più facilmente, in quella quiete, al ritiro di Quaresima. È la domenica di preghiera e meditazione, testimonianza e condivisione. È la domenica della miseria e della misericordia: una di fronte all’altra. La miseria dell’adultera e la misericordia del Figlio di Dio che la salva; la miseria delle sofferenze di Concetta e la misericordia di Dio che salva sacerdoti, i missionari ed i peccatori. È la domenica in cui il Figlio di Dio scrive nei nostri cuori che non ci inchioda al nostro peccato e non ci identifica al male che abbiamo commesso, è la domenica in cui Dio ci dice che non vuole che noi moriamo ma che viviamo, e ciò è possibile con la sua Grazia. È la domenica, in cui dopo aver pregato, ancora una volta, sulla tomba dove riposa Concetta, chiediamo la Grazia nella casa dove nacque, nella stanzetta dove visse 31 anni di infermità. Dalla morte alla vita. Non stanchiamoci, dunque, di chiedere perdono; ricominciamo, invece, ad essere misericordiosi con i nostri fratelli come il Padre lo è con tutti i suoi figli. Non cerchiamo tra i morti Colui che è vivo, così come Concetta ancora e sempre vive in noi.

Silvia Scialandrone, OFS Fraternità di Gorizia