Io Sono il Buon Pastore, dice il Signore …

Gv 10,1-10
1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per
nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. 7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».


COMMENTO
Bentrovati a tutt*,
a sera, i pastori erano soliti condurre il loro gregge in un recinto per la notte, un solo recinto serviva per diversi greggi. Al mattino, ciascun pastore gridava il suo richiamo e le sue pecore, riconoscendone la voce, lo seguivano.

Su questo sfondo familiare Gesù inserisce dettagli che sembrano eccessivi e sono invece rivelatori: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome. Quale pastore conosce per nome le centinaia di pecore del suo gregge e le chiama a sé a una a una? Per Gesù le pecore hanno ciascuna un nome, ognuna è unica, irripetibile; vuole te, così come sei, per quello che sei.


E le conduce fuori. Anzi: le spinge fuori. Non un Dio dei recinti ma uno che apre spazi più grandi, pastore di libertà e non di paure. Che spinge a un coraggioso viaggio fuori dagli ovili e dai rifugi, alla scoperta di orizzonti nuovi nella fede, nel pensiero, nella vita.
Pecore che non possono tornare sui pascoli di ieri, pena la fame, ma “gregge in uscita”, incamminato, che ha fiducia nel pastore e anche nella storia, nera di ladri e di deserti, ma
bianca di sentieri e di sorgenti. Il pastore cammina davanti alle pecore. Non abbiamo un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini. Non un pastore alle spalle, che grida o agita il bastone, ma uno che precede e convince, con il suo andare tranquillo che la strada è sicura. Le pecore ascoltano la sua voce. E lo seguono. Basta la voce, non servono ordini, perché si fidano e si affidano.


Perché lo seguono? Semplice, per vivere, per non morire.
Quello che cammina davanti, che pronuncia il nome profondo di ciascuno, non è un ladro di felicità o di libertà: ognuno entrerà, uscirà e troverà pascolo. Troverà futuro. Io sono la porta delle pecore: non un muro, o un vecchio recinto, dove tutto gira e rigira e torna sui suoi giri. Cristo è porta
aperta, buco nella rete, passaggio, transito, per cui va e viene la vita di Dio.

In Gerusalemme ai tempi di Gesù c’era una porta, detta “porta delle pecore” che era situata al lato Nord-Est del muro della città, ed era chiamata così, perché attraverso questa porta entravano le pecore che venivano sacrificate nel Tempio.
Da questa porta, secondo la tradizione, sarebbe entrato Gesù all’inizio della sua passione per essere condotto dal sommo sacerdote e poi da Pilato.

Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Questo è il Vangelo che mi seduce ogni volta che l’ascolto: lui è qui per la mia vita piena, abbondante, vita “cento volte tanto”
come dirà a Pietro. La prova ultima della bontà della fede cristiana sta nella sua capacità di comunicare vita, umanità piena, futuro; e di creare in noi il desiderio di una vita più grande, vita eterna, di una qualità indistruttibile, dove vivi cose che meritano di non morire mai.

«Non ci interessa un divino che non faccia anche fiorire l’umano. Un Dio cui non corrisponda il rigoglio dell’umano non merita che ad esso ci dedichiamo» (Bonhoeffer).

Allora è necessario cambiare il riferimento di fondo della nostra fede: non è il peccato dell’uomo il movente della storia di Dio con noi, ma l’offerta di più vita.
Anch’io sono chiamato a diventare pastore di vita per il mio piccolo gregge (la mia famiglia, la mia comunità, gli amici) che Lui ha affidato alle mie cure.
Vocazione di Cristo e dell’uomo è di essere nella vita datori di vita. Ed ecco la bella notizia di questa Pasqua.


END

Bella a tutti brava gente! Sarà sempre con noi, forza… Ciao, alla prossima! 🙂

GC