Natale in Terra, Natale in Cielo

Pala degli Oddi, di Raffaello

Come ogni lunedì, anche all’inizio di questa terza settimana d’Avvento, una delle prime cose che ho fatto è stata quella di leggere l’articolo che Alessandro D’Avenia ha scritto per “Il Corriere della sera”. Ammirando un dipinto di Raffaello, esposto al Museo diocesano di Milano, una delle tre scene, rappresentate sulla predella, quella dell’Annunciazione è stata, per lui, d’ispirazione per il suo scritto sul Natale.

Non conoscendo la Pala degli Oddi, l’ho cercata su Google: nella sua parte verticale l’artista urbinate ha dipinto l’Assunzione di Maria in Cielo e la sua incoronazione.

Guardare i pixel di un capolavoro, anziché i colori sulla tavola, non è la stessa cosa.

Ma il mio sguardo si è fermato a lungo sullo schermo: morte e vita raffigurate insieme.

Forse non è così inusuale ma, certamente, tra un sarcofago aperto e un grembo ancora chiuso c’è il mistero della mortalità umana e dell’immortalità cristiana che Maria, con il suo “Sì” ha portato alla luce nella carne. E mentre ancora meditavo su questo mistero, giunse a noi l’annuncio di Francesca; sua nonna ha iniziato il suo viaggio verso il Cielo.

I nostri cuori si stavano facendo culla; nelle nostre case, nelle nostre chiese, nelle nostre fraternità aspettavamo di adagiare Gesù Bambino sulla paglia del presepe.

Pala degli Oddi, di Raffaello, predella orizzontale

Il giorno dopo la festa di Santa Lucia, la luce già flebile di nonna Adelma, s’è spenta; la sua stanza di Villa San Giusto sembra essersi fatta fredda come una grotta di Betlemme, il suo letto è vuoto come la mangiatoia su cui venne deposto il Salvatore.

Il presente è un incessante alternarsi di giorni e notti, di attesa e disincanto, di speranze certe ed ideali illusori, di inquieto andare e rassicurante stare.

Tra la nostalgia di stelle, che ci fa alzare gli occhi al cielo, ed il bisogno di radici, perché fatti di terra, siamo tutti cercatori di senso e portatori di unicità.

Siamo figli di Re desiderosi di infinito da portare a compimento in un tempo finito.

È possibile? Sì, Dio ce l’ha promesso facendosi Uomo e morendo per Amore.

È stato vano il suo venire al Mondo? No, altrimenti non celebreremmo il Natale.

E noi? Noi, tempo fatto carne per la Vita eterna crediamo che valga la pena vivere?

La meraviglia con cui accogliamo la fragilità di una creatura che nasce dovrebbe accompagnarci fino al momento in cui tocchiamo il corpo freddo di una persona che muore. La meraviglia nel riconoscerci ogni giorno pensati e voluti per qualcosa che solo noi possiamo realizzare dovrebbe farci sentire grati al Salvatore per aver scommesso su di noi. Della meraviglia del vivere da con-creatori e custodi del Verbo si possa scrivere la storia nell’Opera che non Giovanni, con l’Apocalisse, chiude ma la Fraternità compie.

È la vigilia di Natale. Se è passato il tempo in cui accadevano miracoli, ci è rimasto almeno un giorno magico in cui tutto può succedere.

(Jostein Gaarder)

Silvia, Fraternità di Gorizia

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