Natale in un qualsiasi lunedì

bimbo sotto la coperta

Foto di Christian Abella da Pixabay

Prima di uscire per andare in chiesa, ieri sera, ho letto qualche pagina del libro di Giovanni Scifoni che tutti conoscono come attore di tv e teatro, pochi come scrittore.

“Senza offendere nessuno” è il titolo del suo primo libro, un insieme di racconti di vita, la sua, scritti con leggera profondità e contegnoso umorismo. Nel capitolo dedicato alle relazioni con i suoi colleghi di set, Giovanni descrive la fatica di essere qualcuno per vedersi riconosciuto nello star system. Giovanni… Scifoni! Non una Silvia diciannovenne che corre nella stazione di Roma Termini dietro ai provini di Cinecittà.

Giovanni, sempre lui… Scifoni, dopo una cena di lavoro a Monteverde (quartiere romano dove vivono tutti gli attori, anche quelli squinternati), torna a casa mentre il resto della Capitale dorme lontano dai riflettori e si guarda bene dall’accendere le luci svegliando il suo mondo: Elisabetta, sua moglie, e i tre figli, Tommaso, Cecilia e Marco.

Nella penombra, dall’uscio della porta, intravede la gamba di Marco, il più piccolo, fuori dal piumone con il pantalone del pigiama arricciato sul ginocchio. Lentamente s’avvicina e gliel’accomoda proprio come faceva sua mamma, quand’era piccolo e, nel dormiveglia, provava quel brivido caldo e felpato sul polpaccio. Ho chiuso il libro con quell’immagine negli occhi e l’ho vista materializzarsi nel Presepe che anche quest’anno fra Oreste ha preparato ai piedi dell’altare nella chiesa dove s’è svolta la liturgia penitenziale.

Cambiano i particolari ma la Natività è sempre quella. E anche se Gesù deve ri-nascere anche quest’anno, quando venne alla luce la prima ed unica volta, cosa gli mancava? Certo, quella stalla non era la stanza calda di una pensione di Betlemme ma ai suoi occhi pieni di lacrime e stupore il bue e l’asino potevano sembrare un cagnolino e un micetto che, incuriositi da quel cucciolo d’uomo, vi s’avvicinano per scaldarlo. E, prima ancora che possa aprire la boccuccia per gridare di fame, Maria, sua madre, lo allatta mentre lui la fissa con gli occhi ora pieni di sonno e di meraviglia. S’addormenta tra quelle braccia e quando si sveglia, tutto è come prima: il bue cagnolino e l’asino micetto hanno lasciato il loro posto solo per mangiare un po’ di fieno senza far rumore, Maria lo tiene sempre stretto al petto un po’ cullandolo, un po’ cantando e, un po’ più in là, Giuseppe, si preoccupa di attizzare il fuoco e non smette di guardarli teneramente.

Per quel Bambino la felicità era tutta lì. Dio è nato in una famiglia che l’amava. E per tutta la vita ha imparato ad amare perché è stato amato. Il Suo sogno è il nostro.

Gesù deve ri-nascere tante volte quante servono a noi per credere che siamo amati.

Dio sa che “tutto è compiuto” deve ancora succedere. Anche se siamo adulti, abbiamo bisogno di sapere che ci sarà sempre qualcuno che ci accomoda il pigiama sul polpaccio.

E saremo felici ogni volta che rimboccheremo noi il piumone come Maria faceva rassettando panni e fasce a quel mistero che sapeva di latte e sangue.

E poi così, tu sei qui, Natale in un qualsiasi lunedì (Francesco Gabbani)

Silvia Scialandrone, OFS Gorizia

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