XVIII Incontro davanti al presepe 12/01/2025

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In cammino verso la speranza

Domenica 12 gennaio 2025

Provate a chiudere gli occhi e a raffigurare un confine: se tutto va bene è una linea immaginaria. Se va meno bene, è un muro reale. Se va male, c’è una guerra.

Al valico del San Gabriele, domenica 12 gennaio, c’erano persone che arrivavano da Italia e Slovenija per abbracciarsi nello slargo alla fine di via dei Catterini.

Sguardi e sorrisi, nella calda luce di un freddo fine pomeriggio, che il cameraman di Rai3 cerca di filmare mentre il vescovo di Gorizia, monsignor Carlo Redaelli, insieme al vicario del vescovo di Koper, don Bogdan Vidmar, saluta i francescani di Gorizia e Nova Gorica riuniti per il 18° incontro fraterno davanti al presepe. Insieme a loro, fedeli e cittadini che rappresenterebbero il confine come una panchina reale su una linea immaginaria dove si incontrano due innamorati, pochi metri più in là di due soldati.

Lui sloveno e lei italiana? Lei slovena e lui italiano? Che importa?

Si saranno posti la stessa domanda anche gli automobilisti che, rallentando appena prima della dogana, guardavano incuriositi quel gruppetto di persone che cantava e pregava ora in italiano, ora in sloveno. Se qualcuno si fosse fermato ad ascoltare, avrebbe sentito la narrazione, in entrambe le lingue, di una notte di un lontano dicembre – era il 1223 – in cui Francesco d’Assisi, appena tornato dalla Terra Santa, confidò al nobile Vellita di voler celebrare a Greccio, di cui era signore, il Natale del Signore. Se avete un amico che farebbe di tutto per farvi trovare sotto l’albero ciò che il vostro cuore desidera, cambierebbe qualcosa se si chiamasse Giovanni o Janez?

No, di certo. Così come, anche nel dolore, se sai di non essere solo tutto cambia.

Francesco, dopo aver ricevuto le Stimmate – era il 17 settembre 1224 – raccontò a frate Leone come gioia e tristezza avessero inondato il suo animo quando un luminoso serafino gli apparve lasciando impressi nel suo cuore un ardore mirabile e nella sua carne segni meravigliosi. Chiodi confitti nelle mani e nei piedi, il fianco destro come trapassato da una lancia. Dopo aver lasciato la confusione festosa della notte di Greccio e del tardo pomeriggio sul confine, sul ponte sopra la ferrovia dove in quel momento non passano i treni e dove non arrivano le macchine, il silenzio è lo stesso di quel giorno di fine estate sul monte La Verna. E mentre si fa memoria dell’incontro di Francesco con Dio, di cui, pochi mesi fa, i francescani hanno celebrato l’ottavo centenario, gli occhi di tutte quelle persone s’alzano oltre la croce che si staglia nell’azzurro del cielo in cui svetta il Monastero di Castagnevizza che ci si appresta a raggiungere.

Arrivati sulla sommità del colle, al termine di un cammino tra presente e passato, mentre il sole scendeva dietro il Castello e prima del futuro, si resta così, tra le luci artificiali del presepe che accoglie i pellegrini ai piedi del Santuario e quelle naturali di un tramonto che accendeva la linea dell’orizzonte oscurando quella del confine.

La realtà parla, forte e chiara, a chi la vuole ascoltare (Alessandro D’Avenia)

La bellezza di quel momento discorreva senza parole con ciascuno di quei silenziosi pellegrini. Non c’era bisogno di Kristina che, magistralmente, ha tradotto in lingua romanza e in lingua slava tutto l’incontro e anche durante la celebrazione eucaristica concelebrata dal vescovo Carlo insieme a don Bodgan e ai frati di Gorizia e Kapela.

Per qualcuno questa è stata la 18esima edizione vissuta, per qualcun altro la prima.

Per tutti vale la pena ricordare che l’edizione numero 0 risale al 2004, anno in cui cadde l’ultimo muro d’Europa, quello tra Gorizia e Nova Gorica, costituito da una base di calcestruzzo larga 50 centimetri sormontata da una ringhiera di un metro e mezzo.

Prima dell’edizione numero 1, che si svolse l’8 gennaio 2008, in cui un manipolo di francescani italiani, spinti e guidati dall’eredità spirituale di padre Giorgio Cavedale, per molti anni loro assistente a Gorizia, incontrarono davanti al presepe del Santuario di Monte Santo i francescani sloveni con il loro assistente di Castagnevizza, padre David Strumpf, ci sono voluti quasi 4 anni: la caduta del confine fisico-geografico non segnò immediatamente la caduta del confine ideologico. Se qualcuno non ci avesse creduto allora, oltre i pezzi dei sogni rotti e i portoni chiusi dei conventi, non si sarebbero ritrovati i tanti fedeli che hanno gremito la Chiesa di Kostanjevica a pochi giorni dall’inaugurazione della Capitale europea della cultura, il prossimo 8 febbraio.

Per questo, davvero, si può dire che i francescani italiani e sloveni sono stati precursori di GO!2025 come san Francesco è stato promotore dell’Europa.

Con la loro perseveranza e la loro testimonianza hanno dimostrato che vivere da fratelli e sorelle è possibile e se, come e con loro, i due popoli di questa terra di confine ci crederanno, custodendo ognuno la propria storia e la propria identità, allora questo anno campale per Nova Gorica e Gorizia non sarà solo un susseguirsi di incontri – come questo davanti al presepe – ed eventi ma un nuovo inizio per queste due città che aspirano a diventare insieme Capitale della cultura europea e Città della pace.

Questo l’invito rivolto alle due comunità dal vescovo Carlo nella sua omelia e dal vicesindaco del Comune di Nova Gorica Anton Harej e dall’Assessore per la Capitale europea della Cultura del Comune di Gorizia Patrizia Artico: essere segno di speranza.

La speranza è fatta di cose che hanno bisogno di qualcuno che le faccia accadere.

(Emmanuel Exitu)

Come la fiamma della candela verde della speranza ha acceso quella gialla della pace, quella azzurra della fede e quella rossa della carità creando una composizione giubilare che brilla nella penombra della Castagnevizza quando le luci si spengono al termine della Santa Messa, così ognuno dei presenti, facendo ritorno a casa nel buio di una notte rischiarata dalla luna piena, sente ravvivata in sé la certezza di poter essere speranza per tutte le persone che incontrerà sulla strada della vita e in questo Anno Santo.

Silvia Scialandrone, Fraternità di Gorizia

Dal buio alla luce

Nel 1202, a 20 anni, Francesco sognava di diventare cavaliere. A Collestrada, nella guerra tra Assisi e Perugia, gli homines populi persero contro i boni homines e Francesco fu fatto prigioniero. La speranza della vittoria che vibrava nel clangore delle spade s’infranse contro le sbarre della sconfitta.

Nel 2004, 800 anni dopo, i francescani italiani, realizzarono il sogno del loro assistente, fra Giorgio Cavedale, e, guidati dallo Spirito Santo, superarono le macerie del muro costruito sulla linea di divisione che gli Alleati trasposero dalla carta al territorio il 17 settembre 1947 lì dove si combatterono più guerre in una. Giunti al monastero di Castagnevizza, bussarono. La speranza, che sussultava nei loro cuori, di incontrare i vicini ma lontani fratelli sloveni sbatté contro i portoni chiusi di quello e di tutti gli altri conventi oltre il confine.

Anni dopo, la stesura della Regola aveva sfibrato il cuore di Francesco che avvertiva la distanza tra lui e la fraternità. Sentiva che quella Regola non gli apparteneva del tutto. «Chi sono io? E chi sei Tu?»: le domande che Francesco portava con sé salendo a La Verna dove si ritirò per fare di nuovo esperienza di Dio. Capiva, infatti, che doveva prima di ogni altra cosa sintonizzarsi di nuovo sulle frequenze dell’Amore per poter tornare a vivere la fraternità. La speranza di sperimentare nella carne le ferite che Cristo patì, il 17 settembre 1224, divenne luce con cui un serafino alato trafisse il Santo. Scendendo, dopo l’impressione delle stimmate, portò con sé anche le risposte.

Nel 2007, oltre i pezzi di calcestruzzo, filo spinato e sogni infranti, i francescani trovarono in padre David Srumpf, assistente di Castagnevizza, una feritoia. Davanti al presepe che adornava l’altare del santuario di Monte Santo, i fedeli più anziani lasciarono ai piedi del Gesù Bambino i pesi portati per anni mentre quelli più giovani i pesi ereditati. Era l’8 gennaio 2008. La speranza di superare i confini, quelli fisici e quelli mentali, parlava e pregava in due lingue: italiano e sloveno. Da allora, l’Incontro fraterno davanti al presepe è diventato un appuntamento irrinunciabile.

Il prossimo 24 dicembre, con il rito di apertura della Porta Santa della Basilica papale di San Pietro, si aprirà il Giubileo della Speranza. Nell’Anno Santo 2025, la slovena Nova Gorica e l’italiana Gorizia saranno la prima Capitale transfrontaliera europea della cultura. Come san Francesco, anche i francescani secolari sanno che il coraggio si prende dai sogni che restano, nonostante quelli che muoiono. (Massimo Bisotti)

E, per la XVIII edizione dell’Incontro fraterno davanti al presepe, si incontreranno insieme alle due cittadinanze, domenica 12 gennaio 2025, alle ore 16.00 al valico di San Gabriele per fare memoria, ancora una volta, di come san Francesco realizzò il primo presepe a Greccio e tenere viva la fiamma della speranza fino al convento di Castagnevizza. E oltre.

Silvia Scialandrone, Fraternità di Gorizia

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